GIOVANNI BATTISTA FERRI
SCULTORE DI PRATO SESIA
Era ancora giovinetto quando Giuseppe Maurizio Ferri emigrò da Prato
verso le lontane terre brasiliane sul finire del secolo scorso. Fu certamente
una scelta difficile e coraggiosa intraprendere quel lungo viaggio verso l'ignoto
perché l'emigrazione in quel tempo era in linea di massima rivolta verso
i paesi al di là dei nostri monti. Si stabilì a San Paolo del
Brasile sposandosi con Massimina Pecorari. Dalla loro unione nacque in quella
città il 6 giugno 1896 Giovanni Battista, che divenne in seguito uno
dei più affermati scultori brasiliani.
E' probabile che il giovane Giovanni Battista abbia dimostrato precocemente
le sue vocazioni artistiche, tant'è che nel marzo del 1913 volle venire
per la prima volta a visitare la patria dei suoi avi, e per affinare la sua
arte. Giunto in Italia frequentò la scuola d'arte Barolo di Varallo Sesia,
e non pago di quella qualificante esperienza spostò i suoi studi a Milano
frequentando l'Accademia di Belle Arti "Brera". Rimase a Prato
fino al 1917 quando ritornò in Brasile, mentre in Europa infuriava la
Grande Guerra e molti dei suoi amici e coetanei erano in trincea.
Il primo grande impegno artistico lo sostenne poco dopo collaborando con lo
scultore Ettore Ximenes, nell'esecuzione del monumento commemorativo del 1°
centenario dell'Indipendenza brasiliana. Raggiunta la maturità in quegli
anni, incomincia a farsi conoscere partecipando alla 1° rassegna artistica
"Paulista" nel 1922.
Sposatosi con Argia Morassutti nacque la prima figlia, Cecilia, (ebbe poi anche
Josè) e subito partì di nuovo per l'Italia giungendo a Prato nel
luglio del 1923. Era l'epoca in cui la memoria della Grande Guerra e di quei
tanti figli persi in trincea, si estrinsecava con l'innalzamento di monumenti
e cippi ricordo. Fu così anche per Prato Sesia, Cavallirio e Boca. Non
si conosce il motivo di questo suo rimpatrio, ma è probabile che quel
viaggio sia stato preventivamente concordato per la realizzazione del monumento.
In ogni caso appena giunto in paese incominciò a lavorare alacremente,
non solo per il monumento pratese, ma anche per quelli di Cavallirio e Boca,
che portò a termine in pochissimo tempo.
Esistono delle testimonianze di quel periodo. Eugenia Cimmino Gibellini, nipote
del conte Francesco, divenuta in seguito un'affermata giornalista di "terza
pagina", aveva scritto il 7 agosto 1923 a proposito dei festeggiamenti
di Baragiotta: Il reduce dell'America lontana, che conduce gaio, fra le coppie
variopinte, la sposa scelta laggiù e, tornando istintivamente alle abitudini
d'un tempo, sembra mostrarla con gioia ai vecchi amici e sorrider fieramente
guidandola nella danza festiva.
Ed ancora adesso ricorda la cugina Mariuccia Sesone: quando venne a Prato io
ero una giovinetta, e lui giunse con la sua giovane moglie Argia e la figlioletta
di due mesi. Andò ad abitare in un appartamento della casa Viocca, sotto
dove c'è attualmente lo studio del geometra Arienta. Lo studio di lavoro
però era nella casa del cavalier Porinelli a Prato Nuovo. Era molto legato
a mio padre e spesse volte andavo anch'io nel suo studio dove vedevo il Valsesia
che posava per lui quando preparava il monumento ai caduti. Fece dei monumenti
per altri paesi, e spesse volte se n'andava a Milano, Torino, Genova e altre
città, forse per preparare altre opere. Preparò anche una bella
statua raffigurante sua cugina Donetti Angioletta, la nonna di Manuela Torta,
con l'intenzione di presentarla ad un'esposizione di Milano, ma non giunse in
tempo per presentarla ed allora la regalò a mio padre.
Precisa Mariuccia che gli accadde più volte di entrare nello studio dello
scultore e di trovarsi di fronte a Valsesia che posava semi-nudo. La conferma
può venire dal fatto che i monumenti di Boca e Cavallirio rappresentino
militi nudi.
Per quanto riguarda il monumento pratese si sa che venne costituito un apposito
comitato che aveva lo scopo di raccogliere fondi per tale monumento. Di tale
comitato era stato eletto presidente il cav. Carlo Porinelli e di esso facevano
parte: Giuseppe Gioria, il farmacista Giovanni Brugo, Giacomo Viocca, don Gaudenzio
Rossari, Francesco Ferri, Giovanni Danubio, Pietro Bargeri, Sebastiano Chiarini,
Giuseppe Rolando, Giovanni Cerri e Aldo Rinolfi. Oltre ai fondi raccolti in
paese utilizzarono 1.508 lire della cassa "pro-profughi" di
guerra e 300 lire offerte dal comune. Non si sa al momento quale fu il giorno
dell'inaugurazione non essendone rimasta traccia nell'archivio comunale.
Nel 1925 Battista Ferri lasciò l'Italia ritornando a San Paolo, ed incominciando
così la sua lunga ascesa verso i vertici artistici che raggiunse. Si
hanno queste ulteriori notizie grazie alle comunicazioni fornite da suo nipote,
il giornalista Leonardo Trevisan, che ricorda con commozione i momenti salienti
di colui che fu il suo maestro di vita.
Partecipò a quasi tutte le edizioni annuali dell'Esposizione Nazionale
di Belle Arti dello stato Paulista, raggiungendo spesse volte il primo posto
assoluto. Molte delle sue opere si trovano esposte, non solo nei musei e pinacoteche,
ma nelle varie città brasiliane a cominciare da San Paolo. Davanti al
collegio Stafford di quella città si trova l'opera in granito "Grupo";
un'altra è presente all'interno dello stadio della città; un'altra
ancora in Via Alvaro De Carvalho di fronte alla famosa Piazza della Repubblica.
Nel palazzo dei Bandieranti vi è il busto del Governatore Adhemar De
Barros. E così in altre città come a Santos, Rio Claro, Piracicaba.
Ad Itapolis vi è il monumento in ricordo del famoso politico Valentin
Gentil, mentre a San Josè del Rio Pardo il busto all'eminente scrittore
Euclide Da Cunha.
Ma oltre alle affermazioni in terra brasiliana la sua arte è stata apprezzata
in molte parti dell'America dove ha ricevuto altri importanti riconoscimenti
come a Valparaiso in Cile, a New York, a Buenos Aires in Argentina. Lavora instancabilmente
fin verso la fine degli anni Settanta quando in segno di riconoscimento sono
organizzate delle esposizioni in suo onore. Muore infine a San Paolo il 3 febbraio
1978. L'anno successivo il governo dello stato di San Paolo in suo omaggio gli
concede la laurea ad honorem.
Tra i molti omaggi dei critici d'arte si vuole citare solo alcuni passi di ciò
che scrisse di lui Angyone Costa:
La sua scultura raccolta
nelle forme delicate dell'amore è riprodotta in immagine. Le sue statue
sono simboli. Le sue figure, in terracotta, nelle sue mani modellano un'infinità
d'immagini raccontate dall'inconscio (
). Le sue statue le lavora internamente
con tutta la sua tecnica per completarle in un confuso sentimento di bellezza.
Hanno ritmo, hanno emozioni, hanno movimento. Sono figure vissute per il loro
virtuosismo plastico (
).
In terracotta, in gesso, in cera, in bronzo, in marmo sono le opere di Giovanni
Battista Ferri.
Immagini fotografiche
Il monumento ai caduti di Cavallirio (NO) realizzato da G.B.Ferri
Gruppo di famiglia (G.B.Ferri è il primo a destra)
Il monumento ai caduti di Prato Sesia (NO) realizzato da G.B.Ferri
Il monumento ai caduti di Boca (NO) realizzato da G.B.Ferri